lunedì 22 dicembre 2014

Il viaggio della Luce che arriva da Betlemme

A viaggiare non sono solo le persone, possono andarsene seduti comodamente in treno anche ideali, speranze, sogni. 

È quello che ho capito sabato 20 quando, davanti a una folta rappresentanza del mondo scout pugliese (sì, scout, quelli che vendono i biscotti porta a porta e roba varia), è arrivata alla Stazione Centrale di Bari la Luce della Pace direttamente da Betlemme.

Dal 1992 delle staffette di scout austriaci si prodigano per far arrivare la Luce della Pace in tutta Italia, irradiando così l’intera penisola del bagliore che ci ricorda tanto quella notte di duemila e passa anni fa quando la stella cometa suggerì ai Magi le coordinate GPS della famosa stalla. 

Vedendo tutte quelle persone in attesa di poter accendere le loro lanterne con quella fiammella umile ma incantevole mi sono sentito piccolo piccolo, di fronte a qualcosa che, evidentemente, era molto più grande di me. Ma subito mi sono ricordato il perché ero lì: portare la Luce a Taranto, la mia città, essere il primo tra i miei concittadini a vederla brillare per poi “regalarla” a tutti loro. 

Così le mille attenzioni per non farla spegnere, le suppliche alla lanterna di reggere fino al l’arrivo, la paura di non vederla più accesa per qualche motivo. 





Ieri mattina, davanti al Mar Piccolo e ai pescherecci, durante la cerimonia ufficiale della consegna della Luce alla città, ho capito di avercela fatta, di aver portato il sorriso a tutta la gente che era lì per “attingere” a quella lanterna, di aver dato il massimo per la mia città. 


Mi piace pensare che ogni chiesa e ogni casa illuminata dalla Luce sia merito mio. Mi piace soprattutto credere che il messaggio di pace non si esaurisca solo così o solo a  Natale. La pace dev’essere virale, deve viaggiare, anche seduta su un sedile distrutto e con due vecchiette nei posti davanti che spettegolano sui loro compaesani.

 Viaggiare è anche questo, conoscere altra gente, diversissima da noi in ogni ambito, ma rispettarla come tale, e non osteggiarla perché non è “come noi”. Ed è anche non farsi la guerra. infatti quando qualche paese è sconvolto dai conflitti e sono soppresse le tratte aeree che portano lì, non è tanto perché sia pericoloso andarci, ma proprio perché viene meno la vera essenza del viaggio: sentirsi cittadini del mondo. 

Emiliano Fraccica





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