giovedì 17 dicembre 2015

La mia fermata




Come molti precari della mia generazione ho diversi lavori. Lavoro in una redazione televisiva la mattina, curo la comunicazione di una start up il pomeriggio e scrivo per un meg di cucina nei momenti liberi, ossia di notte.
Sono precaria, precario è il mondo e precario il tempo, precaria è la fermata dell’autobus. Precario è soprattutto l’autobus con cui torno a casa.
Ogni giorno finisco il lavoro in redazione verso le 13,30, al massimo le 13,45. Se tardo quel quarto d’ora succede il patatrac.
Dovete sapere che lavoro in una zona che si trova tra il porto mercantile e la stazione. 
Tra il mare e i treni, le mie cose preferite!
Ma! Ahimè è anche una zona verace, coriacea le definirei. Per esempio la mia fermata è anche zona di passeggio... di prostituzione diurna potremmo dire. 
Stanno lì perché se passa la polizia, loro prendono il bus.
Non ho paura delle ragazze.
Ho fatto abbastanza inchieste sulla prostituzione per sapere che sono schiave, oltretutto mi salutano educatamente tutti giorni ed io ricambio con piacere. E poi cosa volete che mi facciano?
Il mio problema sono gli autobus che non si fermano proprio perché la fermata si trova lì fra le signorine. Così, ma non ne ho le prove, alcuni autisti la saltano, lasciandomi lì... al freddo e al gelo fra papponi e clienti.
Io oltretutto aspetto l’autobus più impalpabile della linea: il numero 3. Non si sa quando passerà, non si sa se passerà, spesso non si sa neanche da dove passerà. L’altro giorno una signora è salita sul bus e ha esclamato estasiata: “Ma allora esiste quest’autobus!”.  
Aspettare il 3 è come attendere un miracolo, fare un voto, insomma ha la stessa incertezza e le stesse improbabile possibilità che accada. Così se ne perdi uno “stai fresco!”. 
La nota divertente è che questa linea attraversa la città nei punti più utilizzati dai fruitori.
Così io sto lì, in mezzo alle mie donnine dell’Est ad aspettare il bus. Le macchine passano e chi è alla guida mi guarda incuriosito, sembra pensare: “Ma anche lei?”.

Ieri un vecchio “rattuso” mi ha chiesto il listino prezzi… ovviamente la mia risposta è stata: "quanto tua moglie!"

lunedì 14 dicembre 2015

Tu per me sei morto!


Se avete visto "How I met your mother" sapete che questo è lo sguardo "Tu per me sei morto" di Lily... ecco era simile!


Buon lunedì viaggiatori! 
Non so come sia iniziata la vostra settimana ma la mia è cominciata con un'esperienza da ‪#‎amat‬!
"Tu per me è muert'!!" urlava in autobus una ragazza al telefono. in italiano significa tu per me sei morto!
Poi ha continuato: "dopo quello che hai fatto sabato non t'ha fa chiù vedè! 

DEVI USCIRE DALLA MIA VITA!" e poi ha abbassato il tono della voce minacciosamente e con lentezza ha scandito: "Tu per me è muert!", mentre con la mano destra mimava il segno della croce e i suoi occhi si stringevano feroci.
Lei si che sa mollare il fidanzato, certo magari il 3 era pieno stamattina e avrebbe potuto cercare un po' più di privacy. Ma quante volte ripensando alle nostre storie passate non ci siamo detti "ma perché non l'ho mandato a quel paese??".
Magari avrebbe dovuto dirglielo di persona, potreste obbiettare!
Ma vi rendete conto di come era irritata? Il poveretto sarebbe morto veramente! Meglio così.
Chissà cosa avrà combinato lui sabato.... ma oramai "Tu per meè muert!"
Non c'è nulla da fare le donne tarantine sono diverse!

Ovviamente  I love Amat!

venerdì 11 dicembre 2015

Film muto


In un autobus ci sono passeggeri ligi al loro dovere che annullano il biglietto, pagano l’abbonamento e si alzano per far sedere vecchietti, disabili, donne in cinta e mamme con bambino.
Sull’autobus ci sono autisti ligi al loro dovere, che si fermano a tutte le fermate, guidano con accuratezza, sorridono e stanno attenti ai loro passeggeri.
In autobus ogni tanto salgono i controllori ligi al loro dovere, lavorano tutto il mese, non solo le prime settimane, controllano i biglietti di tutti e non aggrediscono le persone, le fanno sentire a loro agio e cercano di far rispettare le regole della compagnia.
Poi ci sono passeggeri strafottenti, autisti pazzi e controllori che sfogano le loro rabbie con i poveri avventori.
Oggi invece sull’autobus numero sedici sembrava di essere in un film muto in bianco e nero, mancava Charlotte!
Okay, ora dovete cliccate sul video che parte la colonna sonora.



Immaginate la scena, uno stormo di controllori vestiti di nero e l’autobus vuoto.
Facendo una breve cronaca ricostruttiva le cose sono andate così: un ragazzo è salito a bordo dell’autobus alla fermata prima della mia, si è appoggiato sul sedile, ha preso il portafogli per cercare il biglietto e mentre andava ad annullarlo sono saliti i controllori ed è iniziata la lite.
 Questa ovviamente è la versione del ragazzo. Ora vi dico cosa ho visto io.
Controllori salgono sul bus.
Ragazzo si alza e per convalidare biglietto.
Il controllore dice: “Dove va? Ci ha visto e convalida il biglietto?Favorisca i documenti!”.
Il ragazzo s’innervosisce: “Io stavo cercando il biglietto, quando siete arrivati l’ho trovato e stavo cercando di annullare, ma la macchinetta è rotta”.
Un po’ di lite, uno gesticola l’altro pure.
Un altro controllore chiama la polizia.
Controllore: “Mi favorisca i documenti!”
Ragazzo: “Ma io sono un poveretto, devo andare a lavorare per 250 euro e tu mi devi fare una multa di 100, Meh! Lasciami stare, che cass…”.
Facce atterrite
Controllore: “Ora la denuncio! Noi siamo pubblici ufficiali!”
Altro controllore: “Il collega le ha dato del lei!”
Altro controllore: “Sarebbe dovuto salire con il biglietto in mano, per convalidarlo immediatamente!”
Ragazzo: “Ma non lo trovavo! Rischiavo di perdere l’autobus e fare ritardo”.
Altra lite cruenta.
Controllore: “Mi dia i documenti!”
Ragazzo: “No!”
Controllore: “Si!”
Ragazzo: “No!”
Controllore: “Autista non apra le porte dal centro che questo scappa!”
(peccato perché l’inseguimento sarebbe stato più divertente)
Il ragazzo si calma, entrano altri passeggeri. Lui paga la multa.



Ps…. Nessuno mi ha controllato l’abbonamento o il titolo di viaggio ….


martedì 1 dicembre 2015

Rosa Parks e l'autobus


Rosa Parks in un autobus di Montgomery, in Alabama, il 21 dicembre 1956, dopo la decisione della corte suprema di dichiarare incostituzionale la segregazione razziale sui mezzi di trasporto pubblico. 


Oggi cedere il posto sul bus sembra assurdo. 
Chi lo fa sembra un eroe! 
Ma non è sempre stato così. 
Negli Stati Uniti ai tempi dell'Apartheid, i neri dovevano cedere spesso il posto.
Erano confinati agli ultimi sedili. Ma la storia cambiò grazie ad una donnina stanca.
Era il 1° dicembre 1955 quando una coraggiosa Rosa Parks si rifiutò di lasciare il posto sull'autobus ad un passeggero bianco e venne arrestata, perché contestava questa prassi.
Guidati da Martin Luther King, gli afroamericani di Montgomery adottarono delle forme di protesta non violenta e boicottarono gli autobus per oltre un anno. 
Alla fine ci sono riusciti! Nel 1956 la Corte Suprema dichiarò incostituzionale la segregazione raziale dei neri sui mezzi di trasporto pubblico.
Oggi non ci sono più posti per i bianchi o per i neri, ma il razzismo resta una piaga, anche nell'accogliente Italia.
Ma ricordate la regola: "Un uomo galante cede volentieri il suo posto a una signora!!!" E che diamine!!

L'abbonamento




Ogni mattina la stessa storia: “Buongiorno potrebbe darmi due biglietti dell’autobus?”,  lui rispondeva “mmmm” e senza guardarmi in faccia mi allungava i due biglietti e ritirava i soldi. 
Nessun grazie o arrivederci, niente … ho fatto l’abbonamento anche perché non sopportavo più quel gentiluomo con il parrucchino che gestisce il bar vicino alla fermata. 
Lui sta lì da anni e grugnisce a qualsiasi richiesta, non si sa come il suo esercizio commerciale riesca ad essere ancora aperto, ma campa da sempre.
Abbonandomi ho risolto anche il problema delle tasche piene di biglietti obliterati. Ormai fa freddo e mi serviva spazio per riscaldare le mani nelle lunghe attese alla fermata.
Così ho fatto l’abbonamento: ho fatto la fila, ho pagato 36 euro e ho fatto l’abbonamento …
L’ultima tessera dell’Amat l’ho fatta a 15 anni e il metodo non è cambiato. Hanno inventato la banda magnetica, elettrica, il cip, ma niente, ogni mese mi toccherà di andare a fare il foglietto di accompagnamento.
Ma l'Amat è la municipalizzata delle certezze! In tanti anni sono tante le cose a non essere cambiate: nonostante la tecnologia abbia fatto passi da gigante, ancora oggi non gli riesce di fare una fotografia come si deve!
Ad ogni modo … ora e sempre …

I Love Amat!